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Il malto: caratteristiche, tipologie ed effetti sull'impasto

Il malto è un prodotto derivato dalla germinazione dei chicchi dei cereali. Fra questi il più idoneo si è dimostrato l’orzo. La trasformazione dei chicchi d’orzo in malto si chiama maltaggio operazione che consiste nella germinazione dei chicchi d’orzo che vengono messi a macerare in acqua tiepida per causare la crescita del germe, poi asciugati, separati dalla piantina ed infine macinati. Quando il chicco d’orzo inizia a germinare, nella sua cariosside avvengono numerose reazioni chimiche che favoriscono il nutrimento e la crescita della piantina. Tra queste, la reazione principale, è la trasformazione dell’amido, presente nella cariosside, in zucchero maltosio, la saccarificazione dell’amido, con l’intervento degli enzimi diastasi.

 

Le condizioni principali per la germinazione dei chicchi sono: l’idratazione dei semi e la presenza di ossigeno.

 

Nell’ambiente tiepido e umido si attivano tutti gli enzimi (anche le diastasi) ed ha inizio la saccarificazione dell’amido. Poiché tra i componenti chimici del chicco d’orzo è presente soprattutto l’amido, con la saccarificazione si ottiene una notevole quantità di maltosio. La germinazione dura finché nel chicco non viene raggiunto il massimo contenuto di maltosio. Ciò che si ottiene dalla macinazione è la farina di malto che, oltre allo zucchero maltosio, contiene anche altri componenti chimici residui del chicco come gli enzimi fra i quali grande importanza hanno le amilasi. Per questo motivo il malto non è solo fonte di zuccheri, ma anche di enzimi fra i quali i più importanti sono le α- e β-amilasi.

 
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Le cellule del lievito si nutrono di zuccheri la cui abbondanza nell’impasto favorisce l’attività della fermentazione. Per ottenere ciò, lo zucchero (maltosio e saccarosio) non deve essere semplicemente aggiunto all’impasto perché sarebbe subito consumato, ma deve essere prodotto continuamente dalla saccariferazione dell’amido della farina con l’aiuto delle amilasi.
L’attività degli enzimi presenti nel malto è proprio la caratteristica che determina il suo valore.
 
Non tutti i malti però hanno la stessa attività enzimatica. Il potere enzimatico del malto (chiamato anche potere diastasico) viene misurato con l’analisi di Pollak che permette di calcolare la quantità di maltosio prodotta in 30 minuti dalla salda di amido, precedentemente preparata, alla quale è stata aggiunta la soluzione di estratto di malto in esame. Se nel malto in prova gli enzimi diastasi sono particolarmente attivi, anche la saccariferazione dell’amido nella salda risulta veloce e, quindi, aumenta la quantità di maltosio ottenuto.

 

spigaL’Unità Pollak è la quantità di maltosio prodotta da g. 1000 di farina maltata o di estratto di malto. Quando un malto presenta un alto valore Pollak, significa che ha un alto potere diastasico e che i suoi enzimi (in particolare α- e β-amilasi) sono molto attivi. La sua aggiunta all’impasto stimola notevolmente la fermentazione, perché può produrre una grande quantità di zuccheri nell’impasto, nutrendo nel modo migliore il lievito. Se invece un malto ha un basso valore Pollak, la sua aggiunta all’impasto è quasi equivalente a quella dello zucchero e, quindi, non può stimolare sufficientemente la fermentazione. Solitamente i valori Pollak per il malto variano dalle 6000-8000 alle 24000 Unità Pollak (per l’estratto di malto concentrato).

 

L’utilizzo del malto è indispensabile soprattutto nelle farine con bassa attività amilasica (con un alto Indice di Hagberg) e negli impasti preparati con bighe perché, dopo numerose ore di fermentazione la quantità di zuccheri è bassa. L’utilizzo del malto non è invece consigliabile in farine con attività amilasica già alta perché può produrre risultati negativi come un impasto troppo appiccicoso, crosta del prodotto troppo scura, mollica troppo umida, ecc…

 

TIPI DI MALTO DISPONIBILI

Farina di malto – ottenuta dalla macinazione dei chicchi d’orzo germinati
Ha un alto potere diastasico di semplice dosaggio (intorno alle 13000 Unità Pollak) e contiene poco zucchero (maltosio);
Estratto di malto in sciroppo – ottenuto dalla saccarificazione della farina in malto
Ha un alto potere diastasico (mediamente 16000 U.P.) e contiene quasi l’85% di zuccheri riducenti (espressi in maltosio);
Estratto di malto concentrato in sciroppo
Ha un potere diastasico di 24000 U.P. e contiene una grande quantità di zuccheri;
Estratto di malto in polvere – ottenuto mediante essicamento dell’estratto di malto in sciroppo
Contiene molto maltosio (80-90% di zuccheri riducenti), è comodo da usare, ma ha un Pollak di valore medio (intorno a 8000U.P.).

 

Considerazioni:
Possiamo quindi constatare che il potere enzimatico più elevato è contenuto nell’estratto di malto liquido seguito dalla farina maltata, mentre l’estratto di malto in polvere risulta meno attivo. Alcune volte però, un malto in polvere può essere più attivo del malto liquido se ha un indice di Pollak maggiore. L’indice di Pollak del malto determina non solamente il suo valore, ma anche la quantità necessaria da aggiungere ad un impasto.

 

DA UN PUNTO DI VISTA PRATICO, L’AGGIUNTA DEL MALTO ALL’IMPASTO PRODUCE I SEGUENTI EFFETTI:

Una più attiva fermentazione dell’impasto

Un gusto e un profumo più intensi prodotti dalla reazione di Maillard, che lega gli zuccheri rimasti dopo la lievitazione con gli aminoacidi formando sostanze volatili profumate

Una colorazione della crosta più dorata dovuta alla caramellizzazione degli zuccheri rimasti in abbondanza dopo la lievitazione

Un’alveolatura del prodotto più sviluppata e quindi un prodotto più leggero e digeribile grazie ad una fermentazione più attiva

 
di Piergiorgio Giorilli